Lanciare sigarette dalla finestra: cosa si rischia?

Pubblicato il 29 Marzo 2020

Scatta il reato di getto di cose pericolose per chi lancia mozziconi di sigarette o di sigari dal balcone o dalla finestra del proprio appartamento.

Non è vero che tutto è consentito dal balcone di casa: se anche si tratta di una appendice della propria abitazione – e, in quanto tale, rientra nella proprietà individuale – sono forse di più le cose che non si possono fare che quelle possibili all’interno di tale spazio. Ne abbiamo già parlato in Cosa si può fare dal balcone di casa?. Ebbene, tra i divieti non vi rientra certo quello di fumare, ma di sicuro quello di buttare mozziconi. In particolare cosa rischia chi lancia sigarette dalla finestra o dal balcone, incurante del traffico sottostante e del passeggio dei pedoni? A chiarirlo è il codice penale [1]. Una norma prevede il reato di «getto di cose pericolose» tutte le volte in cui si getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a danneggiare o molestare persone. La pena è l’arresto fino a un mese o l’ammenda fino a euro 206. E se anche è vero che, trattandosi di reato punito con meno di 5 anni di reclusione, è possibile beneficiare dell’immediata archiviazione per «particolare tenuità del fatto», è anche vero comunque che la fedina penale resta ugualmente sporca.

Sbaglia chi ritiene che, a gettare mozziconi di sigarette dalla finestra, si rischia solo se si fa male a qualcuno, se si incendiano i capelli a un passante o si provoca qualche ustione. Il reato di «getto di cose pericolose» infatti scatta a prescindere dai danni. Basta il semplice pericolo per l’incolumità pubblica [2]. Il che significa che si può essere denunciati per il lancio di una sigaretta anche per un singolo e isolato episodio: occorre solo verificare la potenzialità lesiva del gesto e non ciò che esso ha effettivamente determinato o l’abitualità del comportamento.

Da ciò deriva anche che non è necessario fare complicate indagini (come l’esame del dna e della saliva) per comprendere a chi appartiene la sigaretta lanciata in aria e chi l’ha fumata, poiché ad avviare il procedimento penale non deve necessariamente essere il danneggiato o chi ha rischiato una bruciatura, ma anche un terzo (ad esempio un poliziotto vicino alla scena del delitto o un vicino del palazzo di fronte che si sia accorto del gesto e intenda agire a tutela degli interessi collettivi). Si tratta infatti di un reato perseguibile d’ufficio, cioè senza necessità di sollecitazione formale della vittima: a qualsiasi privato basta fare una semplice segnalazione o sporgere denuncia.

Il reato scatta inoltre sia nei confronti di chi getta sigarette dalla finestra verso la pubblica via, sia per chi fa cadere i mozziconi o la cenere sul balcone dei condomini del piano di sotto. La norma del codice penale, infatti, tutela sia i luoghi di pubblico transito, sia la proprietà privata. Come ha detto la Cassazione più volte [3], il proprietario del balcone, vittima di rifiuti quali cenere e cicche di sigarette, può sporgere querela contro il condomino che, da sopra, getta la sigarette. Fra l’altro, con una interpretazione estensiva, nel caso di molestie condominiali derivanti dal lancio di oggetti pericolosi, i giudici hanno ampliato l’ambito del reato: il penale scatta non solo quando si crea un pericolo alle persone, ma anche alle cose. Il che significa che, per poter subire una incriminazione, non è necessario fare male a qualcuno (o la possibilità astratta di fare male), ma è sufficiente anche danneggiare oggetti come una sedia, un divanetto, il tettuccio di un’auto, il sellino di un motorino, ecc. Insomma tutte le volte in cui il lancio del mozzicone di una sigaretta dalla finestra può potenzialmente generare pericoli per le persone o le cose, l’autore del gesto – seppur si stratta di una condotta isolata – rischia un procedimento penale.


Note

[1] Art. 674 cod. pen.

[2] Cass. sent. n. 971/2014: «Ai fini della configurabilità del reato di getto pericoloso di cose non si richiede che la condotta contestata abbia cagionato un effettivo nocumento, essendo sufficiente che essa sia idonea ad offendere, imbrattare o molestare le persone, nè tale attitudine deve essere necessariamente accertata mediante perizia, potendo il giudice, secondo le regole generali, fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali, in particolare, le dichiarazioni testimoniali di coloro che siano in grado di riferire caratteristiche ed effetti delle immissioni, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti medesimi».

[3] Cass. sent. n. 16459/2013.